Il 25 Aprile si festeggia la liberazione da parte degli angloamericani e dei partigiani dal governo nazifascista nel 1945.
Nel 1943 l’Italia era occupata dalle truppe tedesche naziste e sotto il governo del dittatore fascista Mussolini. La popolazione italiana era sottomessa alla loro legge oppressiva, ma non tutti rimasero ad aspettare che le truppe angloamericane li liberassero. Alcune persone, conosciute come partigiani, si riunirono per combattere contro chi limitava la loro libertà: c’erano anche molti ragazzi giovani della nostra età, che senza paura rinunciavano al divertimento per darsi “alla macchia” e combattere per la libertà.
Inizialmente il 25 Aprile era veramente sentita come una festa di liberazione nazionale, ma ora a parte la banda che suona per la città, qualche autorità locale e poche persone, la festeggiano veramente. Oggi, infatti, si è perso il senso della festa, si sa che esiste, si sa che un buon motivo per saltare un giorno di scuola o di lavoro, ma di fatto in pochi capiscono il vero motivo per cui festeggiare.
Soprattutto molti giovani di oggi non pensano che delle persone sono morte per garantire la libertà di altre, ma la verità è che ormai i giovani hanno dimenticato quegli ideali, non hanno niente per cui combattere, come i partigiani degli anni quaranta, e niente in cui credere veramente, solo televisione e cellulari.
Anche gran parte degli adulti preferisce rimanere a poltrire o guardare la partita piuttosto che andare a “sprecare” 3 ore per commemorare le persone morte che gli hanno permesso di vivere nell’agio di cui si gode ora.
Il 25 Aprile da festa nazionale di tutti gli italiani sta diventato la festa di poche persone e ciò non è affatto buono. Noi non dobbiamo dimenticare la nostra storia, il nostro passato e ciò che i nostri compatrioti, tra cui ragazzi e ragazze con qualche anno in più di noi, hanno in passato fatto per garantirci un futuro migliore.
Per far si che vengano conservati dei sani principi tutto dipende da come noi riusciremo a conservare la nostra memoria storica.
Proprio per non dimenticare, la storia dei fratelli Cervi, vorrei citare la poesia scritta in loro onore da Gianni Rodari:
Sette fratelli come sette olmi,
alti robusti come una piantata.
I poeti non sanno i loro nomi,
si sono chiusi a doppia mandata :
sul loro cuore si ammucchia la polvere
e ci vanno i pulcini a razzolare.
I libri di scuola si tappano le orecchie.
Quei sette nomi scritti con il fuoco
brucerebbero le paginette
dove dormono imbalsamate
le vecchie favolette
approvate dal ministero.
Ma tu mio popolo, tu che la polvere
ti scuoti di dosso
per camminare leggero,
tu che nel cuore lasci entrare il vento
e non temi che sbattano le imposte,
piantali nel tuo cuore
i loro nomi come sette olmi :
Gelindo,
Antenore,
Aldo,
Ovidio,
Ferdinando,
Agostino,
Ettore?
Nessuno avrà un più bel libro di storia,
il tuo sangue sarà il loro poeta
dalle vive parole,
con te crescerà
la loro leggenda
come cresce una vigna d’Emilia
aggrappata ai suoi olmi
con i grappoli colmi
di sole.
Simone